Scuola sicura

Aggressioni a scuola e valutazione del rischio di aggressione

 

“Shock a scuola”, “Scuola trincea”, “Insegnante aggredita” questi i titoli degli articoli di alcuni degli ultimi fatti di cronaca riguardanti il trinomio studente-insegnante-genitore.

A seguito dell’elevato numero di casi che si sono recentemente verificati, risulta ora più di prima necessario implementare, laddove non già presente, la valutazione dei rischi degli istituti scolastici tenendo conto del rischio di aggressione.

Alcuni episodi:

–   Avellino: “Shock a scuola: insegnante aggredita da un genitore”. Si è recato a scuola per parlare con l’insegnante del figlio, l’ha chiamata in disparte e l’ha aggredita. È accaduto in una scuola di un piccolo comune irpino, la vittima è una maestra 50enne avellinese aggredita da un 35enne del posto.

–   Piacenza: “Studente di prima media picchia una professoressa: 7 giorni di prognosi”. Una professoressa di una scuola della Val Nure, in provincia di Piacenza, è stata aggredita da uno studente di prima media, che ‘ha colpita ripetutamente ad un braccio. Come riporta il quotidiano locale “Libertà”, la donna è stata portata in ospedale con una prognosi di sette giorni.

–   Caserta: “Shock a scuola: sfregia la prof con un coltello”. Paura nell’istituto tecnico commerciale Majorano. Un alunno di diciassette anni (18 a dicembre), residente ad Acerra nel napoletano, perde la testa. Tira fuori un coltello e aggredisce la sua professoressa di Italiano. La sfregia con un fendente. Ancora poco chiare le ragioni del gesto, si ipotizza uno scatto d’ira per un cattivo voto.

–   Cesena: “Studente in preda a un raptus sferra un pugno in faccia alla prof”. Un alunno delle medie con problemi comportamentali aggredisce l’insegnante in classe. Da tempo aveva strani comportamenti in classe; è stato colto da un raptus e all’improvviso, senza motivo, ha colpito con un pugno in faccia l’insegnante che stava cercando di calmarlo.

–   Caserta: “Campania choc, botte alla maestra per il rimprovero a bimba di 4 anni”. Picchia la maestra della figlia, che frequenta la scuola materna, perché questa le aveva consigliato di fare le stanghette in un certo modo. Il padre era stato messo alla porta dell’istituto dopo essersi rivolto con toni minacciosi nei confronti della maestra. Poco dopo la mamma della medesima bambina, è entrata nei locali della scuola e si è avventata sulla docente, aggredendola brutalmente sotto gli occhi di due mamme e di tutti gli alunni presenti in aula, senza proferire parola, senza chiedere spiegazioni, senza manifestare, insomma, alcuna disponibilità al dialogo e a confronto.

Da Nord a Sud Italia, dalle scuole materne fino agli istituti superiori, compagni di classe, collaboratori scolatici e soprattutto insegnanti “sono ormai a rischio di aggressione”. Parlando in termini di sicurezza e lasciando i pedagogismi e le strategie di risoluzione a chi del mestiere, riferendoci all’articolo 28 del D. Lgs. 81/08, la valutazione dei rischi deve riguardare “tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari”. Visti gli eventi in questione, non è più possibile non considerare l’esposizione dei lavoratori degli istituti scolastici al rischio di aggressione. Le conseguenze della violenza in questione sono di tipo fisico ma soprattutto di tipo psicologico.

Il primo è di riguarda la violenza psicologica; il 12% dei lavoratori del settore dell’istruzione ha infatti riferito di aver subito intimidazioni. Oltre ai danni fisici, fenomeni di violenza hanno ripercussioni in termini di stress, di turbe emotive e di demotivazione, quest’ultima legata soprattutto al sentimento d’impotenza.

Il secondo punto trattato riguarda proprio la valutazione dei rischi e lo proponiamo di seguito:

“Le scuole hanno la responsabilità sociale di difendere i principi della dignità e del rispetto. I datori di lavoro hanno inoltre il dovere giuridico di impedire la violenza. Le linee di condotta ufficiali della scuola e l’atteggiamento della direzione sono in questo senso importanti. L’adozione di alcune misure di base (quali l’elaborazione di una linea di condotta per i casi di violenza, procedure per la denuncia, formazione ed informazione) può contribuire ad instaurare, nel tempo, un clima organizzativo positivo nel quale si conferisca adeguata importanza alla sicurezza ed alla dignità della persona. La mancata denuncia di episodi di violenza è diffusa e nasconde la reale portata del problema. La violenza è determinata da complessi fattori sociali, strutturali, organizzativi od ambientali: non vi è dunque un’unica soluzione al problema. La prevenzione dovrebbe svolgersi a due livelli: impedire che si verifichino atti di violenza e fornire supporto a chi ne è vittima. Le soluzioni preventive dovrebbero essere attuate dopo che si sia proceduto alla valutazione dei rischi, facendo ricorso, se necessario, alle informazioni ottenute da, ed in collaborazione con, le forze dell’ordine”.

Come al solito, nel momento in cui si parla di sicurezza sul lavoro, è necessario parlare di Cultura della sicurezza, di sviluppo di una nuova coscienza del comportamento sicuro, di prevenzione e di protezione. È davvero immediato il collegamento al fatto che l’istituzione di un sistema scolastico sicuro, dove studiano i “lavoratori del domani” debba essere il primo passo per la creazione di nuovi individui più consapevoli. Il segnale che deve essere dato, deve essere forte e deciso. Da un lato gli alunni più diseducati vanno educati al vivere civile (non è materia di nostra pertinenza), dall’altro abbiamo il dovere di mettere al sicuro i docenti onde evitare che, nel timore di essere aggrediti, lascino indietro anche quelli più talentuosi.